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Giorgio Griffa
In conversazione con Hans Ulrich Obrist


INTERVISTA GIORGIO GRIFFA DA HANS ULRICH OBRIST NEL ATELIER DELL’ARTISTA, Torino

 

Hans Ulrich Obrist Lei ascolta sempre musica? Come dice Dan Graham possiamo capire gli artisti soltanto se capiamo cosa ascoltano.

Giorgio Griffa Io credo che nella mia pittura il rapporto con la musica sia molto forte. È una questione di ritmo..

HUO Il ritmo è sempre presente nel tuo lavoro pittorico, quindi comunque c’è la musica.

GG Si c’è sempre  la musica nella mia carriera di pittore, ed anche la poesia…le diverse discipline si mescolano, compresa la scienza.  Pensa al numero di Euclide, il numero della sezione aurea:  è un numero che non finirà mai fino alla fine dei tempi. E’ un’idea che viene dal pensiero filosofico greco. Perche  1,618 continua all’infinito e non diventerà mai 1,619. E’ un numero che a mio parere va verso l’ignoto.

HUO Gregory Chaitin dice infatti che la matematica vada verso l’ignoto.

GG C’è stato un momento nel quale le arti e le scienza condividevano posizioni simili riguardo all’idea di ignoto. Poi le scienza, con il positivismo, ha voluto cancellare questa idea di inconoscibilità,  ha preteso di poter comprendere tutto…. Quando le scienze hanno riscoperto l’ignoto, con Eisenberger e Godel, la distanza tra arte e scienza si è di nuovo riavvicinata.

HUO Adesso internet rimette tutto in connessione di nuovo….

GG E vero. Anche internet è uno strumento di spiegazione.

HUO E lei utilizza internet?

GG No, sono troppo vecchio. Io ho 78 anni.

HUO Ma questo non si vede, io sono venuto la prima volta nel suo studio nel estate 1986 e devo dire che lei non è cambiato per niente.

GGNel 1986! Sono passati venti anni.

HUO Ne sono passati 28 di anni! Pero’ lei aveva un altro studio.

GGSi ero in un altro studio.

HUO A cosa sta lavorando adesso. Questo dipinto è recente?

GG Sto lavorando sulla sezione aurea. E’ un ciclo di lavori che ormai va avanti da quattro o cinque anni, con il numero della sezione aurea.

HUO E lei legge molti libri di scienza?

GGNo, solo libri di divulgazione di scienza. Perché io non ne sono capace… Se leggo un libro di uno scienziato non capisco niente, non sono capace di capirlo.

HUO Cosa sta leggendo in questo momento ? Perché è interessante che in questo studio oltre alle opere ci sia un tavolo pieno di libri….

GG In generale leggo molto, per esempio leggo e rileggo Ezra Pound.  Poi questi libri di Amartya Sen sono interessanti. Leggo Ginsberg. Adesso sto leggendo R. Miller e una selezione di testi in cui Miller parla dello scrivere. Ma leggo soprattutto poesia. Come sento musica.

HUO Possiamo vedere altri lavori?

GGSi glieli faccio vedere a terra, è piu’ semplice per me.

HUO Perché dipinge sempre su questo tipo di materiale?

GGDipingo in realtà anche su altri tipi di stoffa. La tela è importante, cambia la struttura, cambia la pittura. Il mio lavoro si basa su questa idea della intelligenza della pittura, sul suo dispiegarsi e prendere forma su precisi supporti. La pittura lavora in modo diverso, tutto dipende dal supporto.

HUO E’ sempre stato cosi? Lei passa dalla tela alla carta anche ….

GGSi. Allora metto a terra alcune tele…

HUO E questi lavori come li immagina? Incorniciati, appesi alla parete?

GGIo li appendo semplicemente al muro con dei chiodini. Niente cornici e niente orpelli. La vita successiva delle mie opere non mi preoccupa. A differenza di tanti artisti, io penso che quando il quadro esce dal mio studio è come un ragazzo che è cresciuto, che è diventato grande, che quindi faccia la sua vita.

HUO E la stessa cosa che dice Gerhard Richter sui suoi dipinti: non possiamo controllare la vita dei bambini cresciuti.

GGEcco! Esatto!

HUO Ci sono sempre i numeri e il disegno. Ricordo che quando ci siamo incontrati negli anni 80 c’era il disegno ma non i numeri. Quando sono arrivati i numeri?

GGI numeri sono arrivati all’inizio dei anni 90.

HUO Dopo il nostro primo incontro?

GGSi dopo il nostro primo incontro.

HUO E come sono venuti fuori i numeri?

GGI primi numeri sono venuti fuori in un ciclo di opere nelle quali c’erano tre linee e un arabesco:  1 era la prima tela, la prima opera del ciclo,  2 la seconda e così di seguito. Poi c’è stato un altro ciclo in qui i numeri segnalano l’ordine nel quale i segni venivano messi sulla tela. Poi è arrivata la sezione aurea, questo numero cosi affascinante.

HUO Cioè fa 4 o 5 anni.

GGPiu’ o meno….

HUO Cosa c’è di così affascinante nella sezione aurea?

GGQuesta idea della unità di misura, della perfezione e dell’ignoto…

HUO E’ un po’ come il “P” greco.

GGSi esatto.

HUO E le linee ci sono sempre state?

GGSi c’è sempre il segno, la memoria che c’è dentro ai segni è più forte della memoria personale.

HUO E come i colori, lei ha una teoria dei colori, o è un metodo intuitivo?

GGNon ho una teoria dei colori, in generale scelgo sempre il primo colore quella è una scelta direi arbitraria, mentre invece il primo colore determina il secondo e poi fra di loro si forma poi un legame, un procedimento logico.

HUO Ma lei ha un colore preferito?

GGEeeeh no, vari, …. dipende dai momenti: è difficile  dire quale sia il mio colore preferito, pero’ in generale sono colori abbastanza tenui…

HUO E i numeri di fibonacci non li ha mai utilizzati?

GGNo.

HUO Competizione?

GGNon direi. Li ho utilizzati in un lavoro, che è dedicato proprio a Mario Merz. Ho fatto un ciclo di lavori per appunto entrare dentro alla memoria della pittura, un ciclo di lavori dedicati ad altri artisti. Quindi i Fibonacci di Merz, sono tele di 3m per 2m.

HUO E poi Anselmo.

GGSi c’è Anselmo, con “il visibile e l’invisibile”.  Questo qui invece è ispirato a Matisse.

HUO Si è ispirato a Matisse e la serie si chiama “Alter Ego”.

GG“Alter ego”.

HUO Mi piace molto questo transito che c’è tra i libri e la pittura. E molto raro vedere questo in uno studio… E lei scrive anche? Mi ricordo che me ne ha parlato Andrea Bellini, esistono i suoi scritti, sono stati pubblicati?

GGSono stati pubblicati, non tutti ma una selezione di scritti è stata pubblicata dall’Academia di San Luca. E poi c’è un libricino che è intitolato Post Scriptum a cui io tengo molto.

HUO Il Flaneur del Paleolitico da dove viene questo titolo?

GGIl flaneur viene dalla Francia del 1800 e paleolitico perché c’è un testo in cui io ho parlato di questi signori che nel paleolitico hanno cominciato a riflettere sull’uomo e su se stessi e inventare quello che poi ha portato fino a noi. Per me erano già dei flaneur. C’è una continuità forte nella storia dell’arte…

HUO E la scrittura per lei è una pratica costante? Perché la pittura per lei una pratica quotidiana no?

GGSi, io ho scritto molto in termini tecnici perché una volta facevo l’avvocato. E quindi ho preso una certa abitudine a scrivere… pero’ quando scrivo è sempre in funzione della pittura. Cerco di non scrivere di me stesso, lascio che sia la pittura a parlare. Cerco di scrivere delle ragioni per cui lavoro in un certo modo.

HUO Le motivazioni…

GG Si le motivazioni.

HUO E quando realizza queste pitture che stiamo guardando, prepara prima dei disegni? Degli schizzi?

GGIn genere disegno molto pero’ non riesco mai a trasferire un disegno sul quadro. Capita molto spesso che l’idea di partenza è fissata con dei disegni ma poi il quadro si sviluppa secondo la sua filosofia e non secondo la filosofia del disegno.

HUO Quindi i disegni sono una pratica parallela.

GGEcco sono una pratica parallela, non sono necessariamento un progetto, o il progetto della pittura.

HUO Esistono suoi progetti non realizzati, sogni o progetti troppo grandi o troppo piccoli, progetti censurati. O ci sono progetti d’arte pubblica che non ha mai realizzato?

GGCe ne sono nella vita di chiunque, pero io li dimentico.  I progetti non realizzati possono provocare rimpianti ma non esistono. Invece la pittura è realtà, una realtà palese che indaga la realtà nascosta, cerca il profumo del tutto, conosce l’indicibile. I progetti non realizzati meritano soltanto l’oblìo.

HUO Ma lei se ne ricorda uno o due di cui potrebbe parlare?

GGMi ricordo del progetto di un mosaico che fu approvato in concorso e poi per una storia tutta italiana fu  annullato il concorso.

HUO E com’era il mosaico?

GG Era un mosaico con questi disegni, era molto grande e avevo già tutti gli accordi con gli artigiani…

HUO E non è stato realizzato.

GGNo.

HUO Ed esistono disegni o progetti su questo mosaico?

GGNo, avevo fatto dei disegni per il concorso, sono molto disordinato..

HUO Pero’ non sembra disordinato.

GGDiciamo che sono disordinato nell’archiviare. L’energia va direzioni diverse…

HUO Ma non nel passato.

GGNo non nel passato.

HUO La sua opera è veramente giovane, come lei.

GGUna delle cose penose della vita è proprio la vecchiaia. Ecco questo è dedicato a Matisse….

HUO E per lei Matisse è importante.

GGFondamentale.

HUO Può parlarmi un po’ dell’importanza di Matisse?

GGPer me è importantissimo, per tanti aspetti: un aspetto importante è che lui ha vissuto fino a fondo tutta la grande avventura dell’avanguardia. Lui ha inventato tutta la vita, ha distrutto le gerarchie della pittura tradizionale.

HUO Sembra sempre giovane Matisse.

GGSi, compresi gli ultimi lavori, quelli sulla decorazione in cui Matisse annuncia quello che sarebbe accaduto dopo. I Matisse sono tutti così, io lo trovo straordinario per quello. E’ importante per la bellezza della pittura, poi è vero ha questa freschezza fino alla fine.

HUO E qui ci sono altri quadri che sono diversi… che hanno uno sfondo.

GGSi, gliele faccio vedere così ha un idea.

HUO Pero’ continua su questi nuovi quadri a fare  segni verticali e orizzontali, secondo quando faceva già  negli anni sessanta e settanta. Cos’è il ruolo di questi segni orizzontali e verticali? Perché c’è l’orrizzontale?

GGIl loro ruolo e’ quello di esistere.

HUO Quindi non è un ruolo simbolico.

GGIn qualche caso c’è qualche elemento simbolico….

HUO Allora queste linee spezzate, che sono come dei momenti di energia, sono molto diverse dell’orizzontale e del verticale che sono segni molto più calmi diciamo..

GGE beh si!

HUO Si può parlare di energia nel suo lavoro?

GGDirei che si deve parlare di energia perché è il divenire. I segni sono il divenire della pittura.

HUO E come è nata questa idea di usare la tela grezza, non preparata?

GGE nata nel 1968. Avevo fatto una mostra con gli ultimi quadri su telaio e poi Sperone mi ha chiesto di partecipare ad una collettiva nella sua galleria, (quindi ho cominciato a lavorare con lui) e quando ho visto che c’erano gli altri artisti dell’Arte Povera, gente che conoscevo e frequentavo, ho pensato fosse piu’ giusto fare i segni direttamente per terra, perché io dipingo con la tela stesa per terra.

HUO Dipinge sempre per terra?

GGSi, allora, dipingendo per terra  non potevo dipingere sul telaio, gli mettevo il telaio dopo. Allora ho capito che era più giusto lasciargli senza cornice, e questo per due motivi direi: il primo è che per me il tessuto non è un sopporto su quale lavorare, ma è una parte integrale del lavoro, ha una sua capacità. E mi piaceva che rimanesse questo senso di frammento, di una provvisorialità, di una cosa che èuna rappresentazione del mondo ma non pretende di essere una rappresentazione definitiva, finale del mondo.

HUO Per la sua prima grande mostra A New York è arrivato l’uragano ed ha allegato la galleria!

GGSi ma non ho perso nessun lavoro.

HUO È un miracolo.

GGUso una vernicciatura impregnante.

HUO Ma l’aqua è entrata in contatto con le tele?

GGSi, alcune le hanno lavate, perché non era solo acqua, altre restaurate ma la maggior parte ho deciso di lasciarle cosi,  sono rimasti solo segni minuscoli, quasi invisisibili, e mi piacciono, fanno parte della vita di questi lavori.

HUO E quale è il ruolo della « chance » della casualità nella sua pittura?

GGDunque Calvino dice che la poesia ha bisogno della ragione, e la ragione serve alla poesia, sapendo sempre che  il caso ha la sua parte.

HUO E il suo rapporto con la poesia, perché all’inizio del XX secolo c’è stato un rapporto costante tra arte e poesia: Dada e il surrealismo soprattutto. Lei ha lavorato con i poeti?

GGNo, io con i poeti ho fatto qualche lavoro così ma devo dire che non ho trovato sintonia con poeti. Leggo tanto, ho bisogno della poesia, ma questo rapporto personale non ho avuto la fortuna di averlo.

HUO E’ interessante perché a un certo momento entrano i numeri in un modo simile ai segni, perché prima dominavano i segni ora  dominano i numeri.

GGQuesti sono proprio gli ultimi.

HUO È sempre lo stesso numero, 1,618.

GGSempre quello, è sempre lo stesso… 1,618, la sezione aurea

HUO Il raporto tra i segni e i numeri si stabilisce in modo molto organico e naturale o c’è una costruzione? Un progetto?

GGSotto questo aspetto posso dire che il numero ha un valore simbolico più che costruttivo.

HUO Esistono quadri in qui ci sono solo numeri o non ancora?

GG Non ancora.

HUO Mi domando qui se potrebbe capitare.

GGMi è capitato di pensare che prima o poi i numeri diventeranno protagonisti……

HUO Quali sono i suoi orari di lavoro? Da che ora a che ora dipinge? Per esempio gli scrittori mi dicono spesso che possono solo scrivere dalle 9 alle 11, dalle 3 alle 8 o tutta la notte.

GGIo in generale dipingo nel pomeriggio. Ho sempre dipinto nel pomeriggio, pero’ non ho una regola, è successo così.

HUO e di notte?

GG No, io non ho mai lavorato di sera, neanche quando studiavo. Io alla sera dormo, dormo alla sera presto e mi sveglio al mattino presto.

HUO Quanto presto.

GGMi sveglio alle sei di mattina e vado a letto presto. Quando ero giovane, non ho mai studiato la sera. Per esempio mia sorella studiava di notte, ogni uno ha il suo ritmo biologico.

HUO Una cosa che volevo domandare è questa: queste macchie è anche un invenzione, non ci sono orizzontale o verticali o i numeri, ma sono delle macchie.

GGQuesto qui è del 68, ce ne sono molti ma non posso farli vedere ora. Magari la prossima volta.

HUO Saranno mostrati nella grande mostra di Ginevra?

GGSi alcuni di questi li ha scelti Andrea Bellini per la retrospettiva di Ginevra.

HUO E come è nata l’idea di questi dipinti?

GGIl punto di partenza di tutti questi lavori è una riflessione su Yves Klein, il blu di Yves Klein. Fermarsi un momento prima di finire l’opera, lasciare che l’evento resti evento e non diventi il quadro finito. Prima era semplicemente del colore steso sulla tele e poi sono diventati dei segni. Qui i segni sono delle piccole macchie fatte col pennello e sopra un piccolo scarabocchiò col carboncino.

HUO In questi lavori non c’è dunque niente altro che il segno.

GGInfatti.

HUO Ed esistono altre serie così che non ha continuato? Perché questa serie non l’ha continuata o sbaglio?

GGDirei che in qualche caso le cose ritornano, non è che ci sia uno sviluppo leggibile nel mio lavoro, ci sono cicli di lavori e modi che possono tornare. E un po’ un divenire in cui ritornano le cose: Per esempio le macchie poi sono ritornate, poi ci sono cose che predominano. Le cose non sono lasciate per sempre, sono semmai abbandonate in attesa di ritornare.

HUO Ricordo che quando ci siamo visti, lei mi ha parlato delle sue epifanie. Lei mi ha detto che la sua prima epifania è stata quella di abbandonare la rappresentazione, e dal quel momento il suo lavoro comincia davvero…. Qual’è il suo numero 1 nel catalogo ragionato? Com’è arrivato a questa decisione di abbandonare la rappresentazione?

GGLa scelta di abbandonare le immagini è arrivata semplicemente, non perché abbia fatto una scelta figurativa o astratta. Penso che in Italia questa polemica del figurativo o astratto abbia fatto dei danni terribili… Non è stato una scelte deliberata per me: le immagine figurative poco per volta sono diventate una cosa che si sovrapponeva alla pittura, non erano più dentro alla pittura. Quindi ho capito che le avevo abbandonate e basta.

HUO E quale sono le prime opere in cui le ha abbandonate?

GGSono state le opere che intitolavo « quasi dipinto ».

HUO A quando risale la sua prima mostra?

GGAl 1968.

HUO E la mia data di nascita! io sono nel mese di maggio del 1968. E dove era la mostra?

GGAlla Galleria Martano di Torino.

HUO E poi mi diceva che la sua seconda epifania era nel 1973, quando….. ha preso la decisione di creare soltanto linee orizzontali, com’è nata questa cosa?

GGE nata semplicemente perché in quel momento ho sentito la necessità di rendere l’opera molto sintetica..… non era una scelta minimalista ma diciamo che era in direzione del minimalismo. Volevo rendere proprio minimale la presenza della pittura, quindi col segno più elementare che potevo fare era quello della pennello che tracciava la linea.

HUO Conosceva Martin Barré?

GGSi l’ho conosciuto, ho avuto dei rapporti con i pittori di Supports surfaces. Avevamo fatto una mostra da Templon negli anni 70. Ma forse c’eravamo conosciuti prima.

HUO Ci sono delle relazioni col suo lavoro…

GGSi ci sono delle relazioni. Io sono convinto che nel mio lavoro ci sono più relazioni con supports/surfaces, con l’arte povera, con l’antiforma americana piuttosto che con il tipo di pittura che è stata fatta in Italia.

HUO Questo ci porta anche al contesto, che è la situazione di Torino degli anni Sessanta, in questa città è avvenuto qualcosa di magico. Ne ho parlato con Mario e Marisa Merz, ne ho parlato con Pistoletto, ne ho parlato con molti artisti di  questo clima culturale dei anni 60. Lei mi ha detto nella prima intervista che il clima di Torino negli anni 60 era Ginsberg, il new process in via bottero, l’unione musicale, Beckett, Ionesco (?), la galleria Sperone,  Pistoi,  e parlava anche della sua amicizia con Aldo Mondino, volevo sapere se poteva parlare un po’ di questo clima?

GGA Torino tra il 1950 e il 1960 c’è stata una trasformazione fortissima della città. Nel 1950 è incominciata l’immigrazione dal sud. La città era ancora una città chiusa, c’erano cartelli fuori delle case « non si affitta ai meridionali ». In dieci anni la città è cambiata, perché la gente ha incominciato a vivere insieme, sono iniziati i matrimoni misti, è incominciata una mescolanza di culture, di apertura e soprattutto sul piano della cultura generale, che va dall’arte al cibo. E sono cambiati i cibi al grande mercato di porta Palazzo, arrivavano ora  le verdure dal meridione. E come adesso che si trovano tutti cibi dell’oriente, ormai da tutte le parti. Allora era capitato questo nel rapporto tra il nord e il sud. In questo momento la Fiat ha avuto il grande sviluppo, assumeva moltissimi operai, arrivavano dal sud treni pieni di gente che veniva a lavorare qui a Torino. Un po’ come in Germania gli italiani arrivarono a lavorare alla Volkswagen, e dopo un po di tempo hanno incominciato ad aprire le pizzerie. Da noi questa dinamica è stata molto rapida e quindi è stata piena di vita, perché è stata piena di contraddizioni. Allora anche la così detta  cultura alta  – Torino aveva una storia un po’ snob – è diventata una cosa vivente!  qualcosa che ha cominciato ad appartenere al tessuto della città, che poi colta non è mai veramente stata: la monarchia Savoia era inceve piuttosto ignorante nella sostanza. Tutto si sviluppo’ nelle cantine, fu una vera cultura underground, il che ha anche un valore simbolico e divertente, perché in effetti, il living theater, il teatro americano, il nuovo cinema americano, Andy Warhol, tutte queste cose qui le abbiamo viste nelle cantine del Palazzo Carignano. Nelle cantina, la nostra unione culturale aveva la sua sede. Mi ricordo tipo il « Paradise Now » del Living Theater veniva rappresentato nelle cantine, si passava da una cantina all’altra, era straordinario. Devo dire che la cultura torinese è sempre stata un po’ una cultura sottoterranea, era già così ai tempi di Gobetti, e di Gramsci.

HUO E il misticismo che qui a Torino è famoso ha anche giocato un ruolo in tutto questo o no?

GGIo direi di no. Questa storia di Torino come città magica, del triangolo magico, almeno per quanto mi riguarda è proprio una parte che non mi ha mai toccato.

HUO E lei fa anche  l’avvocato in questi anni 60! Come dunque è capitata questa transizione all’arte? E stato una decisione o un « fluido organico » un transito naturale per così dire

GGDunque quando ero bambino avevo uno zio che era un grande violinista. Era uno zio di mia madre anzi, e lui aveva detto a mia madre « fai studiare il piano a questo bambino » allora ho studiato il piano. E poi una volta, quando avevo 8-9 anni – non sapevo cosa fare – con una matita ho copiato una cartolina. A quel punto i miei genitori hanno visto che avevo copiato bene la cartolina e mi hanno mandato alla scuola di pittura, e allora è cominciata la pittura. E quindi ho dipinto fin da bambino, e frequentavo  i pittori. La mia era una famiglia tradizionale che conosceva pittori tradizionali, quindi andavamo da loro, mi portavano sulla collina con la neve o in primavera con i fiori…Questi artisti diffidavano della modernità, arrivavano al massimo a Morandi. E io ho incominciato con questi e poi a un certo ho capito che o smettevo o avrei fatto per sempre il pittore dilettante.

HUO Che anni erano questi?

GGGli anni Cinquanta e qualcosa, io nel 56 avevo 20 anni e più o meno in quegli anni mi sono laureato in legge.

HUO E poi c’era Aldo Mondino.

GGAldo Mondino era anche prima, con Aldo Mondino eravamo molto amici. E Aldo è stato molto importante per me perché lui era aggiornato su tutto quello che capitava  nel mondo. Aldo lavorava sulla’immediato e quindi per me è stato fondamentale… Aldo mi ha fatto vedere i primi lavori di Paolini nel 61, Giulio li aveva appena fatti….. Per me è stata importante la sua amicizia.

HUO E cosa ha imparato di lui? Informazioni sul mondo, sull’attualità

GGSull’arte, perché prima sull’arte contemporanea avevamo poche informazioni, prima c’era l’USIS, United States Information Service, quell’Istituto che gli americani avevano aperto subito dopo la guerra e li c’erano le riviste d’arte americana. Poi ha chiuso e da noi le informazioni si limitavano al dibatto tra figurativo e astratto.

HUO Che era una trappola.

GGEra una trappola infernale e quindi non c’era proprio niente di…. C’erano artisti bravi, da Fontana a Burri, bravissimi e tutto ma il clima era un clima un poco chiuso… e quello che era bello con Aldo è che aveva contatti con tutti gli artisti di allora … qui parlo degli inizi degli anni 60 e lui era aggiornatissimo su tutto.

HUO E con Fontana e Burri aveva relazione?

GGIo no, non ho conosciuto Fontana e Burri, mai conosciuti.

HUO Pero’ la prima volta che ci siamo incontrati, mi ha detto che era molto amico con Alighiero Boetti.

GGSi prima che Alighierio andasse a Roma  ci vedevamo moltissimo.

HUO Mi può parlare un po’ di questo rapporto? Perché mi ricordo che Boetti mi parlava molto di lei, e di questi rapporti nei anni 60-70.

GGDunque, per me i rapporti determinanti sono stati con Mondino, più che altro per le informazioni che lui mi portava, più che in riferimento al suo lavoro d’artista. Mentre con Boetti era proprio il riferimento al suo lavoro d’artista. Alighiero non parlava molto, incominciava un discorso, poi lo abbandonava, e sopratutto questa capacita di vedere il fare artistico come un prodotto dell’uomo prima che del singolo artista. Questo fatto di una qualità interna del lavoro in cui lui è riuscito a fare delle scommesse bellissime, fare dei quadri in cui erano i bambini che disegnavano con la biro e riempivano lo spazio con la biro, ai ricami fatti dalle donne afgane. Per cui lui è riuscito a fare delle opere che erano sempre dei Boetti autentici avendo in qualche modo demolito il totem dell’artista. La sua era una dimensione straordinaria.

HUO Io ho proposto al sindaco di Torino, di chiamare l’aeroporto di Torino Alighiero Boetti, sarebbe bello no?

GGL’hanno già chiamato Sandro Pertini quindi è complicato togliere Pertini, bisognerebbe proporre un’altra cosa.

HUO È quale era il ruolo di Pistoi in questo momento? Perché la galleria di Pistoi era importante.

GGPistoi era importante, molto importante, aveva uno suo ruolo separato. Paolini ha sempre lavorato con lui, Paolini non lavorava con Sperone . E pero lui aveva iniziato facendo addirittura le prime mostre degli astrattisti degli anni 30 e gli informali dei anni 50. Aveva lavorato molto con il gruppo francese del Nouveau Réalisme e poi soprattutto aveva cominciato a sostenere i primi artisti italiani giovani, aveva fatto la prima mostra di Carla Accardi, l’aveva fatta lui in questa galleria che si chiamava Notizie, è stato importante. E prima di lui ancora piu’ importante era stato Tazzoli che aveva questa galleria estremamente snob che portava i grandi artisti internazionali, lui apparteneva al grande giro di internazionale.

HUO Carla Accardi, lei è stata una mia grande amica.

GGLei era strettamente legata al lavoro di suo marito Sanfilippo, i suoi segni vengono dai segni di Sanfilippo, pero poi lei ha avuto un’autonomia, uno sviluppo fantastico. E’ bravissima Carla.

HUO Ho le ultime due o tre domande, lei diceva…..

GGMi può dare del tu!

HUO Grazie! Quindi tu dicevi che insomma nel tuo lavoro si tratta più di etica che di estetica, come diceva Ginsberg: « every man is an angel », puoi spiegarmi questa frase, questo aspetto dell’etica opposto all’estetica?

GGDunque intanto questo ci lega molto a quello che dicevo di Boetti, cioè ogni gesto della vita , ogni gesto di ogni uomo può essere un gesto creativo a condizione che ne sia consapevole. E i gesti sono non creativi, quando sono abitudinari oppure determinati da forme di oppressione o di educazione. Ogni gesto della mano è creativo, quando Ginsberg dice « Ogni uomo è un angelo » è un qualcosa che si adatta benissimo alle donne afgane che fanno i ricami per Boetti. La mia scelta è stata quella e continua ad essere quella:  di fare dei segni che non hanno una mia sigla personale, il contrario dei segni tipici, il contrario anche di Picasso o di Matisse… I miei segni sono semplicemente i segni del pennello sulla tela, generici. Per cui credo di avere risposto!

HUO È interessante, si può’ dire che sono segni generici ma che non è un’astrazione personificata. C’è anche Yves Klein: Blu e Klein, ma da lei non c’è questo, non si può dire

GGNo non solo, io penso che la mia non sia mai un astrazione, io la chiamo pittura concreta, nel senso della pittura concreta che è stata teorizzata fra i vari aspetti del astrattismo, quando c’era tutta questa discussione infinita sul figurativo. La mia pittura è reale! È un pezzo di realtà! Questo mi interessa, ed è un pezzo della storia della pittura e dell’arte e della musica da quando è nata, è un pezzo di realtà, anche un martello è una realtà, pero li si è consolidata una conoscenza, una consapevolezza, una poesia, e poi continuano i secoli, continua a parlare oltre il suo tempo, è quello che fa la differenza. Ma la pittura come primo datto di fatto, è quello che mi interessa, e’ quel segno li, è un segno che si è aggiunto alla realtà

HUO Quindi è una produzione di realtà.

GGÈ una produzione di realtà si.

HUO Quali sarebbero oggi nel 2014 i tuoi consigli a un giovane artista?

GGOooooo, l’unico consiglio che  darei a un giovane artista è quello di non avere premura, non avere fretta. Sii paziente. Segui le regole interne del tuo lavoro, pero’ stai attento a quello che capita fuori.

HUO L’ultima domanda era sull’avanguardia revoluzionaria, perché tu dici che  non c’è un avanguardia di rottura

GGIo sono convinto che quando De Chirico ha scritto che l’avanguardia era finita aveva ragione. Quello che è venuto successivamente, a partire appunto diciamo da Pollock è una rifondazione del fare, e un riprendere le fila con la tradizione, anche se sembrava a prima vista volerlo spezzare il legame. Allora, diciamo questo, tanto per affrontare la questione in un termine comprensibile. Oggi non è più possibile pensare all’artista come il demiurgo che da vita alla materia bruta, per un dato semplice: La materia bruta non esiste più. Oggi sappiamo con certezza che la materia è intelligente ed è intelligente fino al minimo bosone di Higgs. Allora su questo piano, c’è stato l’abbandono della posizione dell’artista come demiurgo. Non è che l’artista debba sapere tutto quello che sa la fisica, ma c’è una consapevolezza che gira nell’aria….. E parte della consapevolezza che ormai il rapporto con la materia è diverso. Tanto il rapporto di dominazione che ha portato dei risultati sublimi di Piero della Francesca che crea illusione in un modo perfetto e totale. E’ diventato un rapporto pericoloso che l’umanita prima o poi dovra abbandonare da fukushima a prima a hiroshima o a Chernobyl. E’ chiaro che il rapporto di dominazione è un rapporto che l’uomo dovra abbandonare perché ha degli strumenti troppo potenti. Gli strumenti troppo potenti saranno girati, a mio parere -è forse un utopia-  in un rapporto di interazione. Che è quello che sta già accadendo in medicina o come sta accadendo nelle arti figurative, sta accadendo proprio questo: Il passaggio da un rapporto di dominazione ad un altro tipo di rapporto, ovviamente il mio discorso è schematico. Ma sostanzialmente c’è un passaggio da un rapporto di dominazione a un rapporto di interazione con la materia. Ed è un cambiamento enorme.  Ed è straordinario perché questo cambiamento si inserisce a pieno nella linea che ha segnato Orfeo quando entra nell’ignoto a cercare Euridice, il suo lato femminile, creativo. Siamo sempre li, pero’ ci stiamo con i strumenti del nostro tempo. Io non condivido il fatto di sentirmi un  neo avanguardista, io sono un pittore tradizionale.

HUO È una bellissima conclusione, molte grazie.

 

 

SECONDA INTERVISTA CON  GIORGIO GRIFFA, REALIZZATA IN OCCASIONE DI ARTISSIMA 2014.

HUO Possiamo parlare dell’inizio della tua storia di mostre con questa mostra del 68, potresti parlarci un po’ di questo?

GGQuell’anno li tu sei nato come uomo e io sono nato come pittore. E non è stato molto faticoso: ho esposto questi grandi lavori e ormai avevo capito che dovevo spogliare la pittura di sigle personali, cioè staccarmi. Dovevo staccarmi da una condizione di dominazione: l’artista che domina la materia bruta,  che domina la natura.  Cercavo in quel momento il passaggio verso una condizione diversa, che è quella dell’artista che non domina…E recentemente gli scienziati hanno scoperto che la materia bruta non esiste, che la materia è tutta intelligente fino al bosone di Higgs,  quindi fino alla sua parte piu’ infinitesima. Questo ovviamente io non lo sapevo. In questa prima mostra avevo esposto delle grandi tele che si intitolavano Quasi dipinto in cui c’era il percorso della pittura che a un certo momento s’interrompeva, non era portato fino in fondo alla tela. Devo dire che poi questo è un tipo di impostazione del lavoro che è diventata una costante del mio lavoro.

HUO Ci sono anche invenzioni costanti: in quegli anni crei diverse serie, le macchie, i punti….

GG In realtà non sono invenzioni, si è trattato semplicemente di guardare in giro e cogliere nell’inventario immenso di quello che l’uomo ha fatto da almeno 30’000 anni…Trovare le macchie, i segni, le linee, i colori e riuscire a seguire l’identità anche di una semplice macchia, di un semplice scarabocchio e riuscire a concentrare l’attenzione in modo tale che sia lei a parlare invece che io…

HUO E non soltanto le macchie ma anche le spugne, le impronte, puoi parlarci un po’ di queste opere?

GG L’impronta era quella del pollice ripetuta sulla tela, le spugne erano semplicemente delle spugne che appoggiavo alla tela, le pennellate sono di pennello largo, di pennello stretto, pennellino, i pastelli sono usati per la punta, oppure di piatto o di traverso. Voglio dire che c’è un inventario enorme di segni nel mondo;  io mi sono occupato sempre di carpirlo senza cercare la mia sigla personale.

HUO E questo aspetto di donare la sua identità al segno, di non dominare come dicevi prima, è anche il soggetto di un tuo bellissimo testo che ho riletto stamattina  in inglese si chiama « Disembarking in Gilania ». E’ un testo importante anche oggi no? Vuoi parlarci un po’ di questo Gilania?

GGQuel testo nasce perché ho avuto modo di leggere un articolo di una archeologa americana che parla di una società arcaica, che chiama Gilania, caratterizzata da una mancanza di gerarchia, da uno sviluppo paritetico.  Una società matriarcale, la donna porta il mistero della maternità ed  è  quindi  il soggetto più importante della comunità, una comunità agricola….Questo gruppo viene sottomesso dalle orde che arrivano dal nord -qui siamo nella zona nord della Turchia. Allora incomincia ad esserci una struttura sociale diversa: nasce la tomba dell’eroe guerriero, la casa del capo (che è il castello medievale), una struttura gerarchica. Da almeno 3000 anni prima di Cristo, il nostro sviluppo è stato uno sviluppo incentrato su questi tipi di dominazione: Dominazione dell’uomo sulla natura, dominazione dell’uomo sulla donna, dominazione di un popolo sull’altro popolo, dominazione del re sui sudditi… Principio che ha portato a sviluppi e invenzioni straordinarie e all’arte di Piero della Francesca e Matisse, tuttavia questa idea di dominazione oggi è diventata pericolosa.. Quindi ci vorrà probabilmente ancora qualche secolo ma prima o poi l’umanità è destinata ad abbandonarla. Pensa a Fukushima, a Hiroshima, alla distruzione della foresta equatoriale, etc. Bisogna svillupare un’altra coscienza della natura… Guarda a quello che sta accadendo con la medicina: si tenta di “dialogare” con la cellula per fare in modo che essa risponda alla malattia.  In questo ambito io vedo l’intuizione simbolica importantissima dei lavori di Pollock:  la sua mano al servizio del colore che cola. C’è un cambio di atteggiamento: è l’intelligenza della materia a lavorare e la mano dell’artista si pone al suo servizio. Adesso che siamo passati dal mondo di Einstein al mondo della meccanica quantistica, è arrivata prima la mano di Pollock.

HUO E tu dici che c’è Pollock, pero’ anche di Dorazio che utilizza il « brush » e poi parli di Ryman e di Anselmo. Puoi spiegarci come questo è legato a questa idea della non dominazione?

GGAnselmo prende un grande triangolo di pietra-di granito, ci fa un buco nel mezzo e ci mette la bussola e orienta il triangolo nella stessa direzione della bussola, ecco. La scultura nasce dall’intelligenza della materia.

HUO E con Ryman?

GGRyman io l’ho amato moltissimo, perché ho avuto l’occasione felice di intelaiare dei suoi lavori che erano arrivati nella fine dei anni 60 alla galleria Sperone.  E quindi ho avuto la fortuna di vedere da vicino il corpo di questo bianco apparentemente anonimo che spara fotoni di luce e di emozione. Anche qui la mano dell’artista al suo servizio.

HUO E poi in questo testo/manifesto magnifico su Gilania c’è anche il discorso, dove dici che c’era un’idea di prospettiva ma anche un’idea di direzione singola, che va dall’artista all’opera e dall’opera allo spettatore, che va nelle due direzioni. Dici anche che in Gilania, abbiamo una condizione dove la narrazione non è determinata, è implicita nel segno. Potresti parlarci un po’ di questa idea della direzione del movimento che va nelle due direzioni? Qual è il ruolo dello spettatore? Marcel Duchamp diceva che lo spettatore fa il 50% del lavoro, Dominique Gonzalez Foerster dice che fa almeno il 50% del lavoro, sarei curioso di sapere cosa pensi della percentuale?

GGUna doppia direzione: dal quadro allo spettatore e dallo spettatore al quadro. Perché, a mio parere, nessuno mai legge allo stesso modo la stessa opera. Ciascuno la legge secondo il proprio io, secondo il complesso di conoscenze, di cultura, di sensibilità, attraverso ciò che lui è. Se pensiamo alla musica di Mozart, possiamo ragionare nello stesso modo, prendi 1000 persone  in una sala concerto, credo sia difficile che ciascuno di essi senta la musica nello stesso modo. Anzi, io sono convinto che sia assolutamente il contrario. Quindi diciamo che oggi è diventato evidente un fenomeno che c’è sempre stato. Pensa ai mille modi di recepire la Divina Commedia….

HUO Appunto volevo chiederti della Divina Commedia, perché questo testo di Gilania finisce su questa idea relativa proprio alla Divina Commedia. Due persone non la leggono mai nello stesso modo no?

GGEsatto

HUO E perché concludi con la Divina Commedia?

GGPerché penso che quando si parla delle arti, in sostanza, siamo tutti i figli di Orfeo: poeti, pittori, scultori, musicisti, etc. Ci sono sempre dei rapporti tra i vari modi di fare l’artista. Soprattutto il rapporto di partenza che è quello della conoscenza del proprio tempo e altrettanto con il punto di arrivo che è quello di un presente  che si protrae nel futuro, per cui l’opera non diventa mai reperto e continua ad essere viva. La Flagellazione di Piero della Francesca, nasce in pieno mondo tolemaico. L’uomo è qui fisso al centro dell’universo, eterno, non si muoverà mai. Poi è arrivato il mondo Copernicano, poi è arrivato Newton, poi Einstein, poi Eisenberg, e Piero della Francesca continua ad essere presente per noi. Questo quadro è di una bellezza indescrivibile, non ci sono  aggettivi per descriverlo, esso continua a parlare. E certamente, dato che noi siamo diversi rispetti a quelli del tempo di Piero della Francesca  (abbiamo cultura, sensibilità ed esperienza visiva tutte diverse) abbiamo certamente un modo di leggerlo assolutamente diverso di come veniva letto quando fu creato. Ecco questo il percorso che va dallo spettatore al quadro, un percorso inverso a quello che vede l’arte solo come una benedizione che viene dal cielo. Qui c’è anche una benedizione che sale al cielo.

HUO L’ultima volta, un mese fa, abbiamo parlato molto di Musica. Dan Graham dice sempre: possiamo capire un artista solo se capiamo cosa ascolta, sono molto curioso di conoscere il tuo rapporto con la musica. Io ho appena pubblicato questo libro che sarebbe una breva storia degli esperimenti col suono… Potresti parlarmi del rapporto che hai con il suono, con la musica.

GGIntanto devo dirti che è un libro molto bello, perché lui (Griffa si rivolge al pubblico N.D.R.) riesce a fare parlare le persone: attraverso la forma dell’intervista  nasce un libro pieno di riferimenti che permette di vedere il peso dell’artista. Per quanto riguarda il mio rapporto con la musica, non è che io sia un grande musicologo, ma sento musica in continuazione durante il giorno mentre lavoro e se mi chiedi una cosa precisa mi trovo in difficoltà. Ti  posso dire genericamente della felicità che c’è nella musica di Mozart, che ha qualcosa di assolutamente diverso da quelli che possono essere i sentimenti umani… è un tipo di felicità che ritrovi nella pittura anche quando magari rappresenta degli episodi drammatici perché non è legata a un sentimento. La felicità per esempio che c’è nel Kaddish di Ginsberg che è una poesia di una bellezza infinita e racconta la vita tragica penosissima, pesante, difficilissima di sua madre. Il Kaddish è il canto dei morti, che lui fa in occasione della morte della madre. E pure viene fuori una cosa di una bellezza incredibile, e io posso dire che è di una grande felicità anche se li è la storia di una vita dolorosa.

HUO La prima volta che ci siamo visti, 27 anni fa, mi parlavi meno di musica ma mi parlavi molto di poesia, e mi ricordo che mi dicevi di leggere Ezra Pound, The Cantos avevamo parlato della beat generation, abbiamo anche parlato delle tue letture di poesia, abbiamo anche parlato di Ungaretti “memoria, memoria, memoria, tutto è memoria”. Puoi parlarmi un po’ di questo, perché viviamo in momento in cui, se guardiamo le avanguardie del 900, in tutti i momenti a partire da Dada (io sono di Zurigo, dunque Dada è sempre con me) abbiamo dei rapporti fra poesia e arte, pensiamo al surrealismo, e l’abbiamo anche negli anni 60: nelle avanguardie e nelle neoavanguardie. Una cosa che mi diceva sempre Maria Lassnig è che oggi manca in un certo senso il rapporto con la poesia, c’è urgenza di avere più rapporti tra i pittori e i poeti. Per te la poesia è sempre stato presente? Potresti parlarci di questo? Sarei anche curioso di sapere se hai un dialogo con i poeti di oggi.

GGDevo dire che per me, il rapporto con la poesia, come il rapporto con la musica è un rapporto costitutivo: Ovviamente uso sempre quello che mi serve per la mia pittura, parlo sempre da un punto di vista molto parziale, molto settario. Non ho rapporti personali con dei poeti. Continuo pero’ ad avere dei rapporti con la poesia, continuo a leggere i Cantos. Ecco facciamo un’altra riflessione: noi siamo abituati a usare in linguaggio diretto e questo perché dal momento in cui si è inventata la scrittura, siamo in grado di fissare in modo diretto le cose, senza doverci preoccupare di aiutare la memoria. Perché la memoria è scritta la e rimane. Prima dell’invenzione della scrittura, l’uomo aveva inventato questo strumento straordinario che è il linguaggio per metafora, che è capace di raggruppare una quantità enorme di conoscenza in piccoli racconti. Il mito di Orfeo per esempio, l’abbiamo ancora oggi nel mondo contemporaneo in abbondanza. La poesia, come la pittura, come la musica non ha abbandonato il linguaggio per metafora, e a mio parere questo è molto importante perché ogni parola e ogni segno sono anche metafora. Ogni parola dice di più, la parola nella scienza dice “questa cosa è esatta” e verifica che sia esatta.… La parola nella poesia è una metafora che contiene, come la parola nella pittura, come la parola nella musica, una forte contaminazione con la realtà in sé. Questa contaminazione è fonte di vita perché è più vasta di quello che dice, è una felicissima ambiguità. E questa è l’ambiguità a mio parere può essere una grande qualità, delle arti in generale.

HUO Questo ci porta alla qualità dell’ambiguità che può avere l’arte. Vorrei chiederti di parlarci un può di altre epifanie. Abbiamo parlato molto dei lavori degli anni 60-70, arriviamo adesso  alla fine dei anni 70 con una serie straordinaria di lavori mostrati penso per la prima volta alla Biennale di 80, no? Penso soprattutto a Dioniso.. Vorrei domandarti di parlarci un po’ di questo, perché mi pare un altro momento, no? Un nuovo capitolo che s’inaugurava. Cos’è successo in questo momento?

GGDirei che è successo questo: Mi sono reso conto che non potevo passare tutta la vita a tirare delle linee o a fare i segni col pollice e siccome alla fine essere pittore comporta anche il rischio di fare quello che devi fare. Io ho avuto la necessità di confrontarmi con la pluralità dei segni, con un discorso che diventa sempre più articolato. Da un lato, ho fatto dei lavori come Dioniso, composto di 23 tele trasparenti e una specie di garza, quella con cui venivano fatti gli abiti delle ballerine e la usano gli incisori per pulire le lastre. Si chiama tarlatana. Erano dei pezzi di tela di 3m per 1,50m, 23 tele che venivano appese sulla parete e sovrapposti, di modo che attraverso la trasparenza delle tele, i segni dialogavano fra di loro, di volta in volta si rinforzavano, si annulavano. Anche li è un colloquio più complesso.

HUO Interessante, hai sentito il bisogno di confrontarti con una pluralità

GGLa pluralità dei segni è stata usata anche nel ciclo Alter Ego: un ciclo di lavori che ho fatto pensando ad altri artisti, quindi al lavoro di altri artisti e di altre epoche. Ci sono dei lavori su Matisse, dei lavori su Merz, su Anselmo, su Tintoretto, Laocoonte, sulla pittura medievale. Ho messo insieme Paolo Ucello e Piero Dorazio. I segni delle lance di Paolo Uccello dipinti pero’ con delle bande di colore come le bande di colore di Dorazio. E’ sempre una riflessione sulla pittura che diventava più complessa, e che poi ha aperto la strada a questa riflessione ultima in cui mi confronto con il numero aureo.

HUO Quando ti ho incontrato la prima volta, non c’erano i numeri nelle tue tele . E adesso che sono venuto in studio un mese fa, ho visto i numeri. I numeri sono arrivati pocco dopo che ci siamo incontrati la prima volta. Sono arrivati all’inizio dei anni 90?

GGSi, si, i numeri sono arrivati quando tu avevi più meno vent’anni. I primi numeri sono stati un ciclo di lavori nei quali c’erano sempre tre linee e un arabesco e il numero 1 ha segnato il primo lavoro, il numero 2 il secondo, e cosi via di seguita. Poi c’è stata un’altra serie in cui i numeri servivano a dare l’informazione dell’ordine in cui i vari segni erano stati messi sulla tela, per cui il numero 1 era il primo segno, il numero 2 il secondo, il 3 il terzo e cosi via di seguito. E poi è incominciata la riflessione sul numero aureo.

HUO E come è cominciata questa riflessione sul numero aureo? Perché è sempre interessante, per esempio quando ho intervistato gli scienziati ho chiesto la stessa cosa. Per esempio Albert Hoffman mi ha raccontato della giornata nella quale ha scoperto LSD. Ti ricordi di questo momento dove il numero aureo è arrivato nell’opera e cosa ha prodotto? Perché è un momento importante perché adesso è in tutti lavori in un certo senso.

GGLa scienza positivista pensava che l’ignoto fosse solo quella parte del mondo che non era conosciuta, e che comunque l’uomo sarebbe riuscito a dominare in ogni caso. Quando a partire da Eisenberg, dal suo principio di indeterminazione in avanti, la scienza ha ripreso a considerare l’ignoto come qualcosa  di molto complesso e arduo, da rispettare e da esaminare con umiltà i rapporti fra la scienza e arte si sono riavvicinati. Con questa prospettiva, io ho visto nel numero aureo un punto di riferimento importante che adesso cerco di spiegare. Intanto devo dire che in questo lavoro io sono debitore nei confronti di Mario Merz, perché è stato lui a intuire che c’era questa possibilità di organizzare il discorso dell’arte con riferimento alla matematica e soprattutto creando un ponte con l’antico. Il suo riferimento era con Fibonacci, un matermatico dei primi del 1200, il mio riferimento invece va un po’ più lontano nel tempo, fino ad Euclide. E’ Euclide che ha fissato il rapporto aureo. E questo numero ha due caratteri straordinari: è un numero che non finirà mai sono 2300 anni che procede e continuerà a procedere sino alla fine del tempo. Dall’altro lato, sul piano dello spazio, se pensate che 1,618 etc… sono decimali, quindi sono sempre più piccoli, 1,618 non diventerà mai 1,619 non si allunga nello spazio, diventa sempre più piccolo e diventa sempre più piccolo per sempre! L’unico modo per dargli una definizione che sia accettabile dalla ragione è dire che si immerge nell’ignoto.

Allora questi due aspetti: l’immersione nell’ignoto e la durata senza fine. Sono due aspetti per cui io vedo una parentela stretta con il mito di Orfeo. Cosa fa Orfeo? Orfeo entra nell’Ade per cercare Euridice, fuori di metafora: entra nell’ignoto per cercare la sua parte creatrice, la parte femmina, la parte della nascita. Cosi’ il numero aureo significa entrare nell’ignoto. Poi c’è il tempo e qui torniamo a quello che dicevo prima: l’opera nasce sulla cultura del suo tempo e vive anche nel tempo successivo.  E poi c’è l’aspetto del rapporto con la ragione, la poesia ha bisogno della ragione e la ragione si pone al servizio della poesia. La ragione ci accompagna fino al suo limite, ma poi continua ad accompagnarci oltre ad esso. Quando Orfeo si gira ed Euridice scompare, la lettura consueta è che Orfeo disubbidisce, non doveva girarsi, si è girato, e quindi arriva la punizione: Euridice scompare. Io sono convinto che si può dare un’altra lettura, un altro significato. Non girarti in dietro, significa, non tornare al di qua dei limiti della ragione, ormai sei entrato nell’ignoto, hai superato il confine, non tornare in dietro, non girarti. Girarsi indietro è il metodo razionale della verifica. E allora si capisce: Euridice scompare, ma scompare perché scompare la nostra capacità di percepirla: ce la siamo tolta di mezzo tornando al gesto razionale della verifica. Anche il Pi Greco ha questi aspetti, ma il numero aureo è pertinente alla pittura in quanto costruisce il rettangolo aureo, una delle immagini più forti e più antiche.

HUO Non potevo sognare una conclusione più bella! Giorgio mille grazie e grazie a voi tutti! Grazie!

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